Un punto di partenza utile per capire il tema viene fornito anche da un editoriale di Marco Iaria questa mattina sulla Gazzetta dello sport. Il giornalista economico sportivo fa notare: “Da quando è stata introdotta l’eliminazione diretta, con le partite secche fino alle semifinali e la finale evento stile Champions, l’interesse delle squadre è aumentato e di conseguenza quello degli investitori“.
Il dato incontestabile: “in un decennio i diritti tv sono passati da 5 a 50 milioni, la finale dell’anno scorso ha registrato l’audience più alta del 2016 in chiaro (8,4 milioni) e il secondo incasso della storia del calcio italiano per club (3,9 milioni di euro, dietro l’ultimo Inter-Juve)“.
Non vi è dubbio, da questo punto di vista, che i risultati economici parlino a favore del torneo. Anche se lo stadio rimane la grande cenerentola del movimento e le continue promozioni sui biglietti ne sono la dimostrazione.
Per questo in molti suggeriscono di far giocare le big in trasferta nei primi turni. Spezia – Napoli avrebbe un colpo d’occhio certamente più interessante rispetto a Napoli – Spezia. Ed anche questo è innegabile.
Per molti il totem organizzativo è la FA Cup, il cui modello economico – organizzativo è stato approfondito nei giorni scorsi da Calcioefinanza.it.
Una FA Cup che peraltro in questi giorni è sotto tiro da parte proprio delle piccole società, che non hanno digerito le scelte televisive. “Che senso ha partecipare se poi a prendere i soldi delle dirette tv (che in Inghilterra sono poche e selezionate e garantiscono un introito alle sole squadre coinvolte) ci vanno i grandi club?”. Questa l’obiezione che potrebbe presto portare ad una diversa distribuzione dei premi.
Ma come sarebbe la Coppa Italia se si decidesse di ricalcare in maniera identica il modello FA Cup?
Andiamo con ordine. In Inghilterra partecipano alla Coppa in totale 736 squadre. Sono però solo 368 quelle che….continua a leggere l’articolo di CF CalcioeFinanza, cliccando il seguente link:
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